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Di seguito potete trovare un mio articolo apparso sulla Rivista “Mondo 0-3” dell’Editrice La Scuola nel numero 1 di settembre/ottobre 2013.

 

“È il cervello a determinare in larga misura chi siamo e cosa facciamo. E, poiché il cervello del bambino viene plasmato in misura significativa dalle esperienze che offriamo come genitori (o più in generale chi si prende cura di lui, n.d.a.), sapere come questo organo così importante si modifichi in reazione alla nostra attività educativa e di accudimento può aiutarci a crescere un bambino psicologicamente più forte e resiliente, ossia capace di resistere e riprendersi dalle difficoltà” (D. Siegel, T. Payne Bryson, 2013)

 

Per noi adulti indaffarati e “tritati” dalla quotidianità, “stress” e “bambini” sembrano termini apparentemente inconciliabili. Spesso gli adulti pensano all’infanzia come a un’età dell’oro, priva di problemi, preoccupazioni e, appunto, stress. In realtà non è così. Le sfide che un bambino deve  affrontare dalla nascita in poi, oggi più che mai, sono composite e impegnative. La scienza ci ha  dimostrato che il bambino è competente, ma non dobbiamo mai dimenticare anche la sua relativa “immaturità” soprattutto biologica e fisiologica e, quindi, la sua fatica nel gestire lo stress1,  soprattutto di natura emotiva.

Prima di addentrarci in questa tematica, è importante fare una premessa sullo sviluppo cerebrale.

Oggi le neuroscienze applicate alla ricerca in ambito infantile ci stanno aiutando a comprendere come “funzionano” i bambini e a inscrivere molti dei loro comportamenti (tra cui quelli che  consideriamo “inadeguati” come, per esempio, i capricci) all’interno della cornice evolutiva del cervello. Sappiamo che il cervello è trino, ovvero composto da 3 strati sovrapposti e interconnessi: il  cervello rettiliano, il cervello mammaliano (o sistema limbico) e la neocorteccia. Ciascuno di questi strati è deputato al controllo di una particolare area.

Il cervello rettiliano è il più arcaico e presiede le funzioni corporee vitali: fame, digestione ed evacuazione, respirazione, circolazione, regolazione della temperatura, movimento, equilibrio. Regola inoltre il controllo del territorio e la reazione di lotta/fuga/congelamento (fight, flight, freeze) di fronte alle minacce reali o potenziali.

Il cervello mammaliano o sistema limbico è la regione dove risiedono le emozioni forti e attiva  collera, paura, ansia da separazione, attaccamento e accudimento, legami sociali, divertimento, esplorazione, istinto sessuale.

La neocorteccia (o “cervello razionale” o “superiore”) è la parte più recente del cervello e ingloba le altre due. È deputato alla risoluzione dei problemi, al ragionamento e alla riflessione, all’autoconsapevolezza, alla creatività, all’empatia, alla capacità di regolare le emozioni, alla pianificazione del comportamento e alla previsione delle sue conseguenze, alla moralità.

Nei bambini piccoli la neocorteccia è l’area in assoluto meno sviluppata: soprattutto nei primi 3 anni di vita, il cervello “inferiore” (rettiliano e limbico) è predominante. Per questo motivo,  facilmente, i bambini vivono forti emozioni che appaiono “incontenibili” e comportamenti fortemente “territoriali”. Con lo sviluppo delle aree neocorticali, gradualmente, il bambino acquisisce la capacità di regolare i propri impulsi ed emozioni.

Il corretto sviluppo della neocorteccia (che richiede complessivamente circa 24 anni!) e delle sue preziose funzioni non avviene solo per avanzamento anagrafico: è necessaria l’azione degli adulti.

Grazie ai progressi scientifici oggi possediamo informazioni estremamente interessanti riguardo  all’impatto che i diversi metodi educativi possono avere sul cervello dei bambini e sul suo sviluppo.

Se gli adulti non sostengono i bambini nella gestione delle loro emozioni, può accadere che non si formino, o siano deficitari, i percorsi cerebrali che collegano la corteccia con le aree inferiori (detti percorsi cerebrali “top-down”), grazie ai quali i piccoli possono imparare, nel tempo, a gestire efficacemente le situazioni di stress e, più in generale, i propri stati emotivi. Benché quindi i bambini siano dotati di una certa elasticità, nei primi anni il loro cervello è particolarmente esposto allo stress (soprattutto causato dalle forti emozioni che esperiscono) e il modo in cui viene gestito impatta sul delicato equilibrio fisiologico che i piccoli stanno costruendo2.

Quando un bambino prova rabbia, angoscia, frustrazione, tristezza, paura, si innescano i circuiti di allarme (da qui proviene lo stress) del cervello inferiore, attivati dall’amigdala (che ha il compito di elaborare il significato emozionale degli eventi), causando una “tempesta ormonale” con il rilascio di diversi ormoni, tra cui il cortisolo (l’ormone dello stress). Il cortisolo scatena una reazione di allarme nell’organismo, che è adattiva e utile per l’organismo se dura poco.

Quando l’emergenza termina, il cortisolo viene riassorbito. Ma se lo stress persiste e il livello di cortisolo si mantiene alto per un periodo più lungo, si possono produrre effetti negativi su altre parti del cervello. Infatti, l’eccesso di cortisolo può danneggiare l’ippocampo, l’amigdala e la neocorteccia (in particolare, la corteccia prefrontale, deputata alla regolazione delle emozioni).

Un bambino che non è adeguatamente consolato e tranquillizzato quando l’amigdala attiva a livello cerebrale il sistema d’allarme, rischia di subire alterazioni permanenti del cervello; queste comprendono gravi disturbi negli equilibri chimici nei lobi frontali e nei sistemi di risposta allo stress a livello corporeo e cerebrale. Quando uno dei sistemi di allarme (rabbia, paura, angoscia da separazione) è innescato nel cervello inferiore del bambino, quest’ultimo entrerà in uno stato di dolore emozionale e intensa attivazione fisica e soltanto un adulto potrà calmarlo. L’attivazione di uno di questi sistemi d’allarme, infatti, scatena forze neurochimiche e ormonali che travolgono la mente e il corpo in modo incontrollabile” (Sunderland, 2007).

Al contrario, quando il bambino è consolato, contenuto, tranquillizzato dall’adulto di riferimento, dal  cervello superiore si creano le connessioni verso il cervello inferiore. Nel tempo, tali connessioni  aiuteranno il bambino a regolare i propri impulsi ed emozioni, consentendogli di sviluppare l’intelligenza emotiva (consapevolezza, riconoscimento, comprensione e regolazione delle proprie e altrui emozioni) e, quindi, di riflettere sulle proprie sensazioni, pianificando i comportamenti, anziché limitarsi a scaricarli con modalità più primitive (come, per esempio, mordere e colpire).

Un bambino il cui stress (e il relativo cortisolo) non è mantenuto entro livelli per lui sopportabili, può riportare serie conseguenze lungo l’intero corso della sua vita. Le ricerche evidenziano come, invece, i bambini che hanno avuto un costante contatto fisico3, sono stati spesso tenuti in braccio e hanno  ricevuto molta attenzione e contenimento emotivo durante la prima infanzia sono in grado di gestire lo stress e, in generale, le loro emozioni in modo efficace, stabilendo migliori relazioni con se stessi, con gli altri e maggior benessere psicofisico.

Il sistema di risposta allo stress è influenzato da quanto stress precoce l’individuo ha dovuto affrontare e da quanto sia stato aiutato a recuperare l’equilibrio. Un bambino ben supportato e ben contenuto diventa un adulto capace di ben regolarsi.

 

 

Note

1 Utilizzo qui il termine correntemente usato “stress” al posto della parola tecnica “distress”, che ritroviamo nella letteratura scientifica, inteso come situazione emotivamente intensa per il bambino e difficile da gestire.

 

2 Sue Gerhardt (2006) riporta che, entro i primi 6 mesi di vita, l’organismo stabilisce quale sia la gamma di eccitazione normale, definendo i limiti entro cui i sistemi fisiologici cercheranno di mantenersi: tali limiti si “settano” attraverso la relazione tra il bambino e i suoi adulti di riferimento, ovvero in base al tipo di accudimento che egli riceve.

 

3 Il contatto fisico è estremamente efficace nel contrastare il distress del bambino (ma anche degli adulti). Infatti, grazie a esso nell’organismo vengono rilasciati ormoni, come l’ossitocina e gli oppiodi, che contrastano l’azione del cortisolo e aiutano a recuperare livelli chimici sostenibili. Non è un caso perciò se, anche noi adulti, quando siamo particolarmente stressati, sogniamo un bel massaggio rilassante!

  

Riferimenti bibliografici 

  • Bortolotti A., E se poi prende il vizio?, Il Leone verde, Torino 2010.
  • Gerhardt S., Perché si devono amare i bambini, Raffaello Cortina, Milano 2006.
  • Montagu A., Il linguaggio della pelle, Vallardi, Milano 1981.
  • Siegel, M. Hartzell, Errori da non ripetere, Raffaello Cortina, Milano 2005.
  • Siegel, T. Payne Bryson, 12 strategie rivoluzionarie per favorirelo sviluppo mentale del bambino, Raffaello Cortina, Milano 2012.
  • Sunderland, Il tuo bambino. Come educarlo e capirlo, Tecniche Nuove, Milano 2007.

 

 Qui potete leggere l’articolo in pdf I bambini e lo stress